L’intervista alla Presidente di Arcigay La Rocca Cremona Tizzi Lorenza in un articolo uscito il 5 marzo 2007 sul Piccolo di Cremona ed il 3 marzo sull’Opinione di Crema.
Due lesbiche raccontano: «I DI.CO. NON CI TUTELANO ECCO COSA CHIEDIAMO»
Arcigay di Cremona: i Di.Co. non danno garanzie alla coppia omosessuale. E ci spiegano il perché.
05 Marzo, 2007 di Laura Bosio
È la presidente di Arcigay La Rocca, di Cremona, ma anche una donna che non nasconde la sua omosessualità ed è orgogliosa della compagna con cui da tre anni convive. Così, tra politica e vita privata, Lorenza Tizzi racconta l’essere “diversi” nella società odierna. Come lo è lei, che da tre anni vive la sua vita con la sua compagna, Emiliana (Emy) Zigatti. Entrambe 35enni, entrambe impiegate, originarie rispettivamente di Viadana e Crema, abitano ora a Viadana. «Sia a titolo personale che come presidente di Arcigay», racconta Lorenza «mi devo dire insoddisfatta dalla proposta dei Di.Co., che considero decisamente insufficiente, in quanto per noi la soglia minima era quella dei Pacs con i quali già avevamo raggiunto il massimo compromesso possibile».
Un problema che tu senti molto vicino…
«Beh, io e la mia compagna possiamo dirci una coppia fortunata. Le rispettive famiglie ci rispettano, e ci vogliono bene, accettandoci come siamo. Non siamo neppure andate incontro a rotture nel momento in cui abbiamo dichiarato la nostra omosessualità».
Come si è evoluta la vostra storia?
«Siamo insieme da sei anni. Per i primi tre ci siamo frequentate senza coabitare. Lei è originaria di Crema, io di Viadana, quindi ci vedevamo per lo più nei week end. Da tre anni invece lei ha trovato lavoro qui, e coabitiamo. Io sono la parte forte della coppia perché la casa è di mia proprietà, mentre lei per stare con me ha lasciato il suo paese e la sua casa. Per questo sento ancora di più la responsabilità di non poterle offrire delle garanzie e delle tutele».
Questo perchè la legge non te lo permette…
«Il problema che mi pongo è quello dei doveri che ho nei suoi confronti, e di garanzie che vorrei poterle offrire nel caso che sopraggiungano problemi di vario genere. Ci viene anche da chiederci, se a una di noi succedesse qualcosa, se i nostri genitori sarebbero così tolleranti».
Solo che ora, con i Di.Co, le cose si sono evolute in peggio, rispetto alle proposte iniziali…
«Già nello scorso ottobre si era iniziato a sfrondare quello che chiedevamo. E tutt’ora si continua in questa direzione, e così sarà fino al momento di votare il provvedimento. Se già noi eravamo insoddisfatti del programma dell’Unione, in cui si è fatto di tutto per evitare di dare un riconoscimento alle coppie di fatto, e soprattutto a quelle omosessuali, ora lo siamo ancora di più».
Si cerca di difendere la famiglia nella sua concezione più tradizionale…
«Si preoccupano di fare proposte per non indebolire la famiglia, ma in realtà le statistiche dicono chiaramente che la famiglia fondata sul matrimonio, in altri paesi, non ha avuto conseguenze dall’approvazione dei Pacs».
Cosa non va nei Di.Co?
«Sembra una graduatoria a premi, come se tutti i diritti dovessero dipendere dalla stabilità della coppia! Per alcuni è anche giusto, ma ci sono questioni, come ad esempio il contratto di affitto, in cui già ora il coabitante può subentrare ad esso, mentre con i Di.Co le cose verranno peggiorate, in quanto il subentro potrà avvenire solo dopo tre anni di convivenza».
E la cosa non ti sta bene?
«No, anche perché sarà anche difficile stabilire come quantificare le convivenze. Nel caso mio e della mia compagna, ad esempio, la convivenza è già iniziata da tre anni, ma se non ce li contano ci toccherà aspettarne altri tre, prima di vederci riconoscere i nostri diritti. Una persona che si sposa non deve dimostrare di essere fidanzato da un certo tot di tempo, quindi non capisco perché due persone che scelgono l’unione civile debbano rendere conto di queste cose, per colpa di una legge che fa di tutto per non riconoscere una coppia. Ci si vuole dare il contentino, senza affrontare il problema delle centinaia di migliaia di coppie omosessuali che ci sono in Italia. Se la legge avesse riguardato solo le coppie etero non ci sarebbero state tutte queste questioni».
Si ha ancora paura a parlare di omosessualità, quindi?
«I nostri politici scappano da queste tematiche, non le sentono proprie. Nessuno parla del principio di libertà e autodeterminazione degli individui, che tutti dovrebbero avere. Invece in Italia quello della libertà è un concetto quasi sconosciuto. Ad esempio non vedo perché, se io volessi lasciare i miei averi alla mia compagna, mi troverei a dover fare i conti magari con parenti lontani, che avrebbero, per legge, comunque il diritto di priorità rispetto alla persona con cui ho condiviso una vita. Posso portare l’esempio di una coppia di amici gay, che ormai da 30 anni stanno insieme, e di cui uno dei due non ha mai lavorato. Se l’altro ora venisse a mancare, questi si ritroverebbe senza alcun diritto, e dovrebbe fare anche i conti con i fratelli del compagno che da sempre hanno fatto battaglia per questioni di eredità. Insomma, di coppie gay e lesbiche sprovviste di tutele ce ne sono parecchie, e la preoccupazione per il destino del partner si fa più forte con il passare del tempo. Ancora peggio per le coppie in cui uno dei due è straniero. Porto l’esempio di una coppia di mie amiche che abitano a Cremona e di cui una delle due è canadese. Lei è dieci anni che va avanti a rinnovi di permesso di soggiorno; quindi ha sempre avuto l’assillo di avere un posto di lavoro fisso, in quanto non poteva richiedere la carta di soggiorno per motivi di famiglia».
Quali sono le mosse che farà Arcigay per il futuro?
«Il lavoro principale è da fare a livello legislativo anche relativamente alla legge in via di approvazione. Purtroppo ci sono ancora troppi pregiudizi che vengono anche alimentati dai continui dibattiti riportati dai mezzi mediatici in cui anche chi dovrebbe stare dalla nostra parte spesso si tira indietro. Ancora oggi si parla troppo di scelte sessuali, mentre è ormai più che noto che l’orientamento sessuale non è una questione di scelta, ma di diversa natura».
A livello locale, come vi muoverete?
«Stiamo organizzando anche a Cremona una delegazione che partecipi alla manifestazione di Roma del 10 marzo, dal titolo «Diritti ora». Poi sabato 3 marzo presso la sede Arcy ci sarà una festa di Arcigay, dal titolo: «Festival – non te lo Dico, te le canto». Infine il 25 marzo si svolgerà il nostro congresso provinciale».
Tratto da http://www.ilpiccologiornale.it/