La Regione Toscana lancia una campagna di comunicazione contro l’omofobia che suscita immediatamente accesi dibattiti. Il manifesto ritrae un bambino, non perfettamente a fuoco, che è appena nato: in primo piano si nota il braccialetto di riconoscimento usato in ogni ospedale. Sopra però non c’è scritto il nome, Matteo od Elisa, Anna o Paolo, ma la parola “homosexual”. Di fianco lo slogan: “L’orientamento sessuale non è una scelta”. Come dire: qualunque sia l’origine dell’omosessualità, genetica o sociale, non si può scegliere di non esserlo se i geni o le condizioni in cui sei cresciuto hanno voluto che lo si fosse.
Scambio di opinioni tra una dipendente, gay, della Regione e il presidente
Una lettrice ha inviato ieri una lettera aperta al presidente della Regione Claudio Martini e lui le ha risposto. Ecco i due testi:
Gentile Presidente, le scrive una sua dipendente, funzionaria, precaria, donna, intelligente, piacevole alla vista e all´udito, stamattina agghindata con dei bei tacchi rosso radicchio, ottima cuoca, amante della musica popolare e attualmente “molto innamorata di una donna” e quindi lesbica. Oltre ad essere lesbica sono tante altre belle cose e ci terrei proprio a tenermi il mio bel braccialettino con scritto il mio nome. L´omosessualità è solo una parte di me come lo è la mia musica, le mie gonne colorate, la mia croce sulla scheda elettorale. Ma quale scienziato dell´età vittoriana le è venuto a dire che l´omosessualità è uno sbaglio della natura? Le donne combattono da millenni contro le strumentalizzazioni della natura. Ad un certo punto ci si è messa pure la chiesa che le ha volute madonne e angeliche. E invece no: le donne sono arrabbiate e le omosessuali, meno political correct, incazzate. Io sono omosessuale perché lo voglio. Perché, dopo una vita etero, a 30 anni ho incontrato una donna e mi sono innamorata perdutamente. Adesso ho 37 anni e se questa storia finirà, nel mio futuro ci sarà la persona di cui mi innamorerò. Se domani mi innamorerò di un uomo quale braccialettino mi metterà? Invece di fare manifesti dica ai suoi dipendenti di avere un linguaggio più rispettoso delle differenze. Ovviamente non mi firmo perché, come il suo manifesto dice chiaramente, c´è ancora troppo da fare e da capire. L´omosessualità è un fatto personale e ognuno ci approda da un percorso diverso ed è quindi impossibile pretendere di stabilire regole e norme. Un abbraccio lesbico.
Carissima, le risponde un uomo di cinquantasei anni, tunisino di nascita, amante della musica classica, temporaneamente presidente di Regione e casualmente eterosessuale. I percorsi di ciascuno di noi, si sa, sono unici e irripetibili: c´è chi a pochi anni manifesta un orientamento di tipo omosessuale, chi esplode nell´adolescenza, chi arriva a scoprirlo in età avanzata, chi sceglie di non scoprirlo e se lo reprime per tutta una vita, chi opta legittimamente per la bisessualità, chi non vuole definirsi. Le campagne di comunicazione, invece, per essere efficaci, devono andare al cuore del problema, che in questo caso è rappresentato dall´argomentazione anti-gay tipica: l´omosessualità è una precisa scelta dell´individuo, fatta in nome di un “vizio”, dal quale si può uscire o con una rigida moralità o ancor peggio reprimendolo e magari sposandosi. E devono scalfire l´opinione dei più riottosi, di quanti non vogliono saperne di prendere in considerazione altri punti di vista. È una questione di natura. Quante volte nel dibattito sull´omosessualità, magari in televisione, ha sentito espressioni del tipo “contronatura”? Che male c´è ad affermare che la stessa natura, quella che alcuni vorrebbero matrigna, è invece madre? E non perché quel bambino sia geneticamente omosessuale ma perché quando si scoprirà tale non sarà perché lo ha scelto ma perché ha deciso di vivere una parte importante di sé. In Italia, e pure in Toscana, l´omofobia è un problema sociale: ce lo dicono gli insegnanti ed i video di Youtube, ce lo raccontano i dipendenti ed i precari di tante aziende anche pubbliche, ce lo urlano le associazioni gay e lesbiche, ce lo dice il fatto che non abbiamo diffuso una cultura che permetta a Lei di firmare la sua lettera. E questa campagna credo che colga nel segno la questione. Anch´io la voglio abbracciare. Un abbraccio solidale a lei e a quante, come lei, vivono una bella storia d´amore lesbica. E per quel bambino su venti – ce lo dice l´Oms – che in Toscana sarà omosessuale.
Claudio Martini
Caro Presidente della Regione Toscana Claudio Martini
Mi sono molto divertita a leggere la lettera che Le ha inviato una sua anonima dipendente, se mai esiste davvero ……! Io sono una siciliana lesbica, da molti anni impegnata nella lotta per i diritti civili a favore della comunità LGBT. Credo di essere intelligente quanto basta, ero piacevole alla vista tanti anni fa, visto che ho 59 primavere; la mia voce non è stridula, ha toni pacati, pertanto ritengo possa essere piacevole all’udito altrui e in linea di massima cerco di non dire” cazzate “. Non mi vesto con tacchi rosso radicchio, ma ho portato i tacchi quando me lo potevo permettere, mai rossi. Cucino con passione anche se mi sfugge il nesso fra cucina e orientamento sessuale. So che l’arte del cucinare attraversa tutti gli orientamenti e se non lo si vuole riferire ad un ruolo é irrilevante. Amo la musica e, non” attualmente” ma da 24 anni, amo e vivo con una donna altrettanto lesbica e “definita” come me.
Ho sempre diffidenza delle persone che non amano definirsi, che oggi sono in un modo e un giorno dopo in un altro. Ma le rispetto nella loro libertà di non definirsi e di non voler essere definiti. Queste persone però, se vogliono la propria libertà, devono anche rispettare quella degli altri;di chi vuole essere definito, di chi vuole condividere campagne di informazioni “forti” per cambiare la mentalità degli omofobici, e di coloro che sono così “liberi” da ritenere che il problema non esiste, salvo poi leggere sui mass-media, di aggressioni, di mancanza di tutela legislativa, di suicidi ecc.
Caro Presidente Martini, invidio i toscani che possono dire: “Noi abbiamo questo Presidente della Regione”. Il mio Presidente, parlo di Totò Cuffaro, una “brava persona”, si affida spesso alla Madonna per risolvere i problemi dei siciliani. Amo la Sua risposta alla gentile signora, che non oso definire lesbica, anche perché non si è definita tale fino in fondo e per sempre; che considera l’omosessualità un fatto personale quasi come il ciclo mestruale che in linea di massima per una donna in età fertile c’è, ma per cento ragioni può anche saltare e non solo per una maternità. Condivido la statistica che in Toscana, ce lo dice l’Oms, un bambino su venti sarà omosessuale. Non so i dati siciliani, ma viste le numerose iscrizioni ad Arcigay e alle altre organizzazioni, credo non siamo da meno. Voglio identificarmi con quel piccolino, la cui immagine di baby gay mi commuove; riempie i vuoti della nostra solitudine di bambini gay che ci pensavamo unici al mondo. Parla all’immaginario collettivo non insultando la libertà che non esiste, ma sconfiggendo l’illusoria definizione di un mondo dell’eterosessualità dell’obbligo e dell’omosessualità contro natura. Basta! Brava, la Toscana! Bella la campagna informativa, eccezionale il suo Presidente. Non le invio saluti lesbici, anche perché sono come quelli di tutti. L’abbraccio forte
Agata Ruscica
Bimbo/a omosex? Suscita rispetto
Aurelio Mancuso – Liberazione, 25 ottobre 2007
Non avevo dubbi che la campagna promossa dalla Regione Toscana, che ritrae un’immagine sfocata di un bambino/a dormiente con un braccialetto con la scritta “homexessual”, avrebbe scatenato una polemica infuocata fuori e dentro il movimento lgbt.
Ci si interroga giustamente se il manifesto non sia troppo provocatorio, o non induca a pensare, come affermano alcune ricerche che omosessuale si nasce; altri ed altre indicano nella scelta di utilizzare una immagine di un bambino sia,un’opzione pericolosa che crea divisioni e inutili esasperazioni. Come sempre i bravi esperti in comunicazione centrano l’obiettivo quando scatenano reazioni di diversa natura. Personalmente trovo la scelta azzeccata perché, un neonato suscita sentimenti di rispetto, di tenerezza, di innocenza, quindi, il manifesto dice: cambia qualcosa se vi diciamo che potrebbe essere omosessuale? L’Arcigay di Bologna qualche anno fa fece una bellissima campagna dove in un manifesto si ritraeva un pompiere che salvava dalle fiamme una persona, la frase sottostante era proprio “Cambia qualcosa se vi diciamo che è omosessuale?”
Bene a sentire le spiegazioni fornite dall’Assessore regionale Fragai, da chi ha concepito la campagna, il punto è proprio questo: l’omosessualità è una condizione naturale, percentualmente rilevante, socialmente emersa grazie ad un grande impegno da parte dei movimenti di liberazione sessuale, quindi, eccola qui, fin dalla sua possibile nascita. Una condizione che poco importa se sia genetica, sviluppata con l’esperienza, scelta nel tempo e così via. Non attardiamoci a dar retta proprio noi a disquisizioni para scientifiche, della psicanalisi da quattro soldi, o d’interpretazioni politiche di decenni fa. Il tema non è questo e sarebbe curioso ci dividessimo per inseguire attardate polemiche. Abbiamo giustamente mandato all’aria convinzioni radicate da secoli, sulla normalità eterosessuale, sull’immutabilità dei comportamenti sessuali, sulle gabbie culturali e sociali che hanno impedito l’armonioso riappropriarsi del proprio corpo e della sua messa in sintonia con le individuali aspirazioni. Se tra esponenti del movimento lgbt, delle donne, della cultura, c’inchiodassimo in questa discussione arretreremmo inesorabilmente sul terreno della disquisizione teorica sul perché si è omosessuali. Questo livello non è accettabile perché lo abbiamo superato da tempo, anche elaborando, non da sole e non da soli, che la sessualità è complessità, è dispiegamento d’orientamenti, comportamenti, pratiche che difficilmente possono essere incasellati, perché ognuna/a ha il diritto all’unicità e all’autodeterminazione. E’ solo per comodità politica, di battaglia sociale e culturale, pur esprimendo alcune declinazioni (eterosessuale, lesbica, gay, bisessuale, transessuale, ecc.) che anche noi siamo costrette e costretti catalogare. Ma sappiamo che anche in questo modo restringiamo, alziamo recinti e specifichiamo avventurandoci sui terreni scivolosi dell’esplicazione di sensibilità ed intimità vaste e plurali. Per tornare alla campagna, mi sembra che il messaggio indichi una possibile strada per l’abbattimento dei pregiudizi contro l’omosessualità e cerca di far riflettere, come ha giustamente rilevato Bruno Pompa del direttivo del Cassero di Bologna, in un suo bell’intervento in un mailing list, “tutti i genitori, o i potenziali genitori, su una caratteristica che potrà essere anche del loro figlio”. Di Bruno è anche la riflessione precedente sui sentimenti che suscita l’immagine di un neonato. Mi sembra che la lettura di Bruno Pompa possa appartenere a tutte e tutti noi, respingendo al mittente le solite e barcollanti teorie genetiche, che guarda caso in decine d’anni, spendendo miliardi di dollari, non sono riuscite a “scoprire” se omosessuali si nasce, tralasciando il dubbio, del come si “nasce” eterosessuali.
Io, come tante e tanti, ho scelto di rendere pubblico e sociale il mio orientamento sessuale e questo ha un valore politico dirompente, perché ha in una parte del mondo cambiato la convivenza e migliorato le condizioni di vita, rimane tanto da fare; per questo ritengo che quella piccola donna o piccolo uomo, mi rappresenti.
24 ottobre 2007
Il manifesto donato dalla Fondazione canadese “Emergence”
No all’omofobia, l’orientamento sessuale non è una scelta. La Toscana lancia oggi una campagna di comunicazione
Firenze – Il manifesto ritrae un bambino, non perfettamente a fuoco, che è appena nato: in primo piano si nota il braccialetto di riconoscimento usato in ogni ospedale. Sopra però non c’è scritto il nome, Matteo od Elisa, Anna o Paolo, ma la parola “homosexual”. Di fianco lo slogan: “L’orientamento sessuale non è una scelta”. Come dire: qualunque sia l’origine dell’omosessualità, genetica o sociale, non si può scegliere di non esserlo se i geni o le condizioni in cui sei cresciuto hanno voluto che lo si fosse.
La Fondazione canadese Emergence ha utilizzato il manifesto la scorsa primavera per la giornata mondiale contro l’omofobia, con il patrocinio del governo del Quebec, dell’agenzia di salute canadese e della città di Montreal. Lo stesso manifesto sarà ora utilizzato dalla Regione Toscana per una campagna di comunicazione che inizierà oggi, patrocinata dal ministero per le pari opportunità: spot, pagine pubblicitarie, cartoline e dépliant da
distribuire e manifesti da affiggere in luoghi pubblici in collaborazione con le Province.
«Si tratta di una campagna pulita, che rispetta la privacy e il buon gusto – spiega l’assessore all’attuazione dello Statuto, Agostino Fragai – Certo affronta con forza ed in modo efficace una delle questioni di fondo di un tema eticamente discusso, sottolineando come l’omosessualità non possa essere considerato un vizio, ma una delle tante espressioni della personalità di un individuo».
La campagna è stata presentata nel corso di una conferenza stampa a Firenze, per illustrare anche il programma di una due giorni di incontri, con esperti anche internazionali, che animerà il 26 e 27 ottobre il Festival della creatività in programma dal 25 al 28 ottobre alla Fortezza da Basso di Firenze. Non un caso, poiché la differenza è sicuramente un valore che rende viva la nostra società incentivandone quindi sviluppo e creatività.
Il manifesto è stato ceduto gratuitamente alla Regione Toscana dalla Fondazione canadese Emergence. Nel corso della due giorni di iniziative, all’interno del Festival della creatività, saranno esposti anche altri manifesti contro l’omofobia realizzati a giro per il mondo: dal Regno Unito alla Nuova Zelanda, dal Canada agli Stati Uniti, campagne di enti pubblici, associazioni di genitori e gruppi cristiani. È prevista anche una mostra fotografica dell’artista islandese Dagny. (wf)
Dieci esempi concreti di azioni contro le discriminazioni. Fragai: «Vogliamo difendere i diritti di lesbiche, gay e transessuali»
La Toscana è stata la prima Regione in Italia a garantire che venga rispettato il principio di non discriminazione per lesbiche, gay, bisessuali e transessuali. Lo ha fatto con una legge, nel 2004. E per passare dalle parole ai fatti ha deciso a gennaio, nell’anno europeo della pari opportunità, di creare presso l’assessorato alle riforme istituzionali guidato a Agostino Fragai una task force che dia maggiore energia e slancio all’applicazione di quelle norme. «E’ solo uno degli esempi e delle buone pratiche di una regione che vuole difendere i nuovi diritti» spiega l’assessore. Sono decine di migliaia, probabilmente, gli omosessuali donne e uomini che vivono in Toscana: 13 mila le coppie omosessuali presunte. «Per annullare i pregiudizi e valorizzare le differenze, anziché comprimerle, ignorarle o rifiutarle – prosegue Fragai – il primo passo è conoscersi meglio. Per questo all’inizio dell’anno scolastico abbiamo organizzato un seminario con gli insegnanti, i genitori e gli studenti, dedicato al
bullismo omofobico nelle scuole. Per questo ne vogliamo organizzare altri nei luoghi di lavoro, per parlare di mobbing e discriminazioni. E per lo stesso motivo abbiamo deciso di investire risorse in una campagna di
comunicazione che lanciamo da oggi». Gli esempi di buoni pratiche sono già diversi. Eccone dieci:
Tutto sul sesso e l’identità sessuale, un corso on line
Sul sito www.progettotrio.it, portale della formazione della Regione Toscana, è disponibile un corso on line che fornisce informazioni scientifiche sulle componenti dell’identità sessuale, sull’omosessualità e la disforia di genere: un corso di formazione a distanza destinato a insegnanti, formatori, operatori sanitari, agli stessi genitori e a quanti abbiano necessità di chiarimenti su queste materie.
La task force contro le discriminazioni per orientamento sessuale
La squadra opera presso l’assessore alle riforme ed è coordinata da Alessio De Giorgi, già presidente regionale dell’Arcigay. Lo scopo è tradurre nella pratica quotidiana di governo i principi di non discriminazione e di inclusione sociale già presenti nello statuto e nelle leggi della Regione. Alla task force è affiancato un tavolo permanente di confronto con le associazioni gay, lesbiche e transessuali della Toscana.
Le discriminazioni nell’accesso ai servizi sanitari
Centomila euro in due anni per individuare e combattere le discriminazioni che lesbiche, gay e transessuali possono subire nell’accesso ai servizi sanitari. Ecco l’impegno della Sanità Toscana: questionari che individuano le discriminazioni nel personale medico, sanitario e tra gli studenti delle facoltà di medicina; un corso di formazione sperimentale a Lucca sull’orientamento sessuale e l’identità di genere; progetti sperimentali di collaborazione tra le Asl e le associazioni lesbiche, gay e transessuali della nostra regione.
Cultura Queer: il sostegno della Toscana
Con il Florence Queer Festival, festival internazionale di cinema, arte a tematica gay, lesbica transgender, Firenze è un po’ diventata la capitale del mondo queer. L’iniziativa, giunta quest’anno alla quinta edizione, è sostenuta anche dalla Regione Toscana. Un modo per ricordare l’importanza che culture diverse si mescolino fra loro.
L’educazione alla legalità nelle scuole toscane
La sperimentazione comincerà il prossimo anno, a settembre, e coinvolgerà le scuole di ogni ordine e grado. Il progetto è ambizioso: insegnare a scuola la legalità e, nelle ore di legalità, affrontare temi come il rispetto dell’altro, la differenza come valore o il bullismo omofobico, assolutamente da condannare. Sono già una quarantina le scuole interessate.
Uno Statuto all’avanguardia nella promozione dei nuovi diritti
Il nuovo Statuto della Regione Toscana è stato approvato nel luglio 2004. Lo Statuto ribadisce in modo solenne il rispetto verso tutte le culture e promuove l’attuazione di nuovi diritti, come quello di voto per gli stranieri o quello di chi ha scelto forme di convivenza diverse dal matrimonio. Sottolinea anche il divieto di discriminazione per orientamento sessuale.
Le discriminazioni sessuali “fuori legge” in Toscana
La legislazione toscana è stata la prima in Italia a tutelare i suoi cittadini contro le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere. La legge è del 2004 ed ha retto, nel suo impianto complessivo, alla sentenza della Corte costituzionale che è seguita al ricorso presentato a suo tempo dal governo Berlusconi.
Il “diversity management”, nuova frontiera dell’inclusione
Nel corso del “Dire & Fare”, il salone dell’innovazione della pubblica amministrazione in programma a Marina di Carrara dal 14 al 17 novembre, la Regione Toscana approfondirà con le imprese, le associazioni di categoria e i sindacati toscani la nuova frontiera del “diversity management”, ovvero quella modalità di gestione delle risorse umane, mutuata dagli Stati Uniti, che nell’organizzazione aziendale mette in luce le diversità di ogni tipo e le valorizza, motivando così i propri collaboratori.
Una card prepagata per transessuali e transgender
Scoprire che il proprio corpo appartiene a un sesso diverso a quello cui si sente di appartenere può creare pesanti difficoltà. Le persone che hanno disturbi dell’identità di genere, transessuali e transgender, sono esposte a fortissimo rischio di esclusione sociale, specie nella delicata fase di passaggio da un sesso all’altro. Rischiano più di altri di perdere il lavoro o non trovare una nuova occupazione. La Regione ha deciso così di intervenire con una card che mette a disposizione di transgender e transessuali 2.500 euro, da spendere in due anni: serviranno a partecipare ad attività formative che ciascuno sarà libero di scegliere, con l’ausilio di tutor, in modo mirato, secondo il proprio personale progetto.
Positivo Scomodo, stop alla discriminazione Aids negli ospedali
“Positivo scomodo” è un progetto nato per individuare e correggere, con attività di formazione e informazione, le discriminazioni che possono colpire le persone sieropositive negli ospedali. Venticinque anni dopo il primo caso di Aids, il destino delle persone colpite è passato da una sopravvivenza di pochi mesi a un’attesa di vita di oltre venti anni. Quello che sono rimasti immutati sono gli episodi di discriminazione. Il progetto è stato realizzato nell’ambito della rete “Healt Promoting Hospital” (Ospedali che promuovono salute) e coinvolge mille sanitari toscani.