L’avventura della fierezza
Mancano nove mesi al 28 Giugno 2008, giornata internazionale dell’orgoglio omosessuale, bisessuale e trans.
Mancano nove mesi a sabato 28 Giugno 2008, la data scelta dal Comitato Bologna Pride per la manifestazione nazionale dell’anno prossimo.
C’è un programma da ideare, un’incisività sulla società italiana da cercare, da ritagliare e inventare ex novo, da regalare a questo paese
scoppiettante, ipocrita, che rifiuta la questione omosessuale – e bisessuale e trans – come cartina di tornasole del grado di (in)civiltà che abbiamo raggiunto.
C’è la necessita d’allacciarsi al movimento di liberazione internazionale, impegnato in conflitti difficili, dove a pagare sono le donne e gli uomini, le loro vite, il loro diritto alla felicità: l’India, la Russia, la Palestina, l’Iran, l’Albania sono solo alcuni dei territori della battaglia. Non sono gli unici.
C’è una duplice questione generazionale da affrontare: da un lato, un movimento, quello italiano, che ha superato i trent’anni di storia, è tempo che abbandoni il suo congenito giovanilismo, che affronti i desideri e le realtà quotidiane delle persone gay, lesbiche, trans anziane, che sappia coglierne le necessità e offrire delle risposte, pur parziali, comunque indispensabili. Una sfida importante: la storia ce la costruiamo con le nostre, uniche mani.
Dall’altro lato, c’è un’emergente omofobia, un dilagare dei crimini d’odio verso le persone lgbtq che vede la legislazione italiana impreparata a rispondere. Dobbiamo ottenere una legge che ci protegga, che ci tuteli. Il nostro habeas corpus, l’intangibilità del corpo, non può essere lasciato alla clemenza dei violenti o al buon cuore di un poliziotto. A pagare, in giovane età, sono spesso gli e le adolescenti.
Il bullismo è lo specchio di una società italiana incancrenita dalla violenza sugli ultimi e sui deboli, su chi ancora non conosce le parole della propria liberazione.
Dobbiamo dire: basta. Non vogliamo vedere più nemmeno una vittima. Dobbiamo andare davanti alle scuole, dichiarare finita la solitudine.
Smettiamola, fin d’ora, di cercare l’approvazione di chi è parte del problema. Abbandoniamo a se stesso il patriarcato e i soprusi della cultura maschile. Ci sono dei conflitti. Abitiamoli onestamente, con la coscienza che in questa partita giocano molti attori e noi siamo una voce soltanto. Che sia forte e autentica. Che ponga domande ineludibili.
Questo è l’obiettivo per cui lavoriamo e per il quale c’è bisogno di tutte, di tutti. Fatevi avanti: le porte sono aperte, l’avventura della fierezza di sé, di noi, continua.
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